…la martellina che picchia sulla pietra, il lavorio degli scalpellini, la sapienza dei capimastro: pare di udire le voci e di immaginare la fatica di questi artefici, ammirando le opere conservate nel Lapidario Dianense.

Museo Diocesano
Lapidario
Dianense

In questo luogo di fascino e di mistero, si addensano le tracce e le espressioni di una lunga storia, con una cronologia di ben millesettecento anni, tessuta nella realizzazione di sculture onorarie, capitelli, ornamenti, simboli, fisionomie, decori e florilegi e resa viva dalla materia calcarea locale, la ben nota “pietra di Teggiano”.

Una visita che riporta indietro nel tempo, attraversando i secoli dell’età moderna, rinascimentale e medievale, fino a giungere alle origini della città, quando la colonia di Tegianum, preferita dall’imperatore Nerone, era un fiorente Municipium del Vallo di Diano.

Il Medioevo locale sa raccontarsi attraverso le ricche testimonianze, dai capitelli di varia foggia e cronologia, alle sculture di animali, di figure umane e di motivi floreali, in un mosaico di altorilievi, pregno di aspetti storici e figurativi. La Diano dei secoli dell’Età di Mezzo e quella dell’età d’oro quattrocentesca, rivive nei fasti delle nobili famiglie locali che ne popolarono la vita quotidiana, i Carrano, i Francone e i Rossi, e nelle oriunde Sanseverino e Malavolta, tutte coinvolte a far di questa città un concentrato di arti e architetture, una sorta di “capitale della periferia”.

Alla Congiura dei Baroni del 1485 rimanda la lastra con le insegne di Ferdinando d’Aragona e quelle cittadine, monito dei regnanti contro i Sanseverino e preludio del memorabile Assedio di Diano del 1497, quando re Federico venne ad accamparsi ai piedi della città, a Poggio Reale, di fronte all’attuale museo lapidario, per condurre assedio ai ribelli Sanseverino, signori di Diano.

La cripta di Santa Venera, contigua al Lapidario Dianense, è un ambiente carico di fascino e di mistero, evidenziato dalla penombra, nella quale basse volte coprono uno spazio arricchito da capitelli Classici e di reimpiego, plasmati nella pietra, nei quali figure di animali mostruosi, ancora lottano nell’epica battaglia tra Bene e Male. Tracce di vividi affreschi e di sbiadite figure alternano la persistenza della pietra, richiamandovi il senso della Morte, alla quale rimandano le lastre tombali del pavimento.

Il complesso architettonico di San Michele

Tra le emergenze monumentali di Teggiano il complesso di San Michele Arcangelo rappresenta uno degli episodi storico-artistici più interessanti.

Ben cinque luoghi sacri si addensano nel perimetro delle solide mura: la chiesa dell’Arcangelo, lo spazio della confraternita con il sottostante ossario, la cripta di Santa Venera e l’ex cappella di Sant’Eligio. L’origine del complesso, stratificatosi nel corso dei secoli, appare incerta e secondo gli storici dell’Ottocento potrebbe risalire età longobarda su un preesistente teatro o odèon romano, mentre studi più recenti assegnano la costruzione ad epoca normanna. La chiesa di San Michele, restaurata negli anni Novanta del XX secolo, appare in una veste ibrida, tra le nudità delle pareti del presbiterio e la decorazione tardo ottocentesca della navata; la cripta di Santa Venera, al contrario, mantiene un aspetto originale e caratteristico con un ambiente voltato con crociere, sorrette da tozze colonne con capitelli di reimpiego. Alcuni di questi capitelli, di carattere zoomorfo rimandano alle rappresentazioni del bestiario medievale.

La collezione

Il museo è stato concepito come un organico lapidario, che raccoglie le testimonianze teggianesi storiche d’età classica, medievale, rinascimentale e moderna, pianificate essenzialmente in una sezione romana, una classificazione di capitelli di varia foggia e cronologia, uno stemmario ed il maestoso arco tardo-quattrocentesco dei Malavolta. Alla presenza imponente dell’arco fanno da cornice un espositore a parete, che raccoglie chiavi d’arco e sculture con impressi gli emblemi di famiglia patrizie locali e di alti prelati ed una collezione (su mensole) nello spazio dell’ossario, di interessanti capitelli medievali e rinascimentali, tra cui spiccano elementi decorativi zoomorfi, antropomorfi e fitomorfi, oltre a tre capitelli dell’età federiciana.

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Arco dei Malavolta

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Stemmi

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Capitelli

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Lastra aragonese

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Sezione romana

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Succorpo di Santa Venera

Il succorpo di Santa Venera

L’immagine della “cripta” evoca suggestioni tipiche dell’età medievale, con diverse pitture e suggestivi capitelli con figure tratte dal bestiario tipico di quell’epoca.

L’immagine della “cripta” evoca suggestioni tipiche dell’età medievale, pur se parte del suo patrimonio pittorico si trova oggi al Museo Diocesano, per via dello strappo di alcuni affreschi effettuato dalla Soprintendenza di Napoli negli anni ’80 (Crocifissione oderisiana e Storie di San Tommaso Apostolo). Delle pitture presenti, rimangono la Vergine assisa con Bambino ed i santi Venera e Giovanni Battista, della fine del XIV sec. e lacerti di affresco con diverse immagini, alcune più antiche, tra cui la stessa Santa Venera (o Santa Parasceve) ed il Salvator Mundi. Indubbiamente, sono i capitelli ad evocare il fascino del succorpo, con figure tratte dal bestiario medievale ed elementi di spoglio della cultura romana di Tegianum.