In dialogo con
il territorio

Il sistema museale diocesano, nelle tre espressioni di collezione, costituisce un importante pendant della storia territoriale di Teggiano e di Policastro Bussentino. L’allestimento museografico e l’ampia ed articolata cronologia delle opere d’arte esposte, dialogano con il territorio circostante, integrandone la percezione culturale e cognitiva, dal punto di vista storico, figurativo, artistico e tradizionale.

Nella trasposizione di significato del Museo Diocesano, quale contenitore della storia religiosa, sociale e tradizionale di un popolo, la sede storica di San Pietro, il Lapidario Dianense e la sezione staccata di Policastro Bussentino, si pongono come luoghi d’arte in cui è possibile comprendere l’evoluzione cronologica e tradizionale delle due antiche diocesi, entrate a far parte, dal 1986, di un’unica entità territoriale.

La collezione del San Pietro compendia la storia di Diano-Teggiano, essenzialmente nei secoli medievali e moderni, ma si allarga a quella dell’intero comprensorio del Vallo di Diano e degli Alburni. Il podio del tempio romano narra della città di Tegianum, nel suo sviluppo urbanistico e territoriale di epoca lucana e dei secoli successivi, integrandone la cultura figurativa con i numerosi frammenti di spolia, collocati nelle murature della sua architettura. La cultura figurativa tardo-gotica lucana e del Vallo di Diano, attraverso le tecniche e gli stili pittorici, è ben rappresentata dagli affreschi staccati dal Succorpo di Santa Venera e dal sepolcro di Bartolomeo Francone, compiuto nell’anno 1401, nonché dalle numerose opere in muratura e stucco policromato, tra le quali risultano importanti i crocifissi e le Madonne, esposti nell’antica navata di San Pietro, che rimandano alla praticità di sculture devozionali eseguite con materiali “poveri”. Di alto livello qualitativo si palesano le opere in pietra di Teggiano, appartenenti alla cultura figurativa rinascimentale; il sepolcro dell’arcidiacono Guglielmo Rossi, del 1512, è esemplificativo in tal senso. Anche la plastica figurativa lignea del Cinquecento e del secolo successivo è modellata in alcuni esempi degni di nota, come la statua della Madonna delle Grazie, con elegante tunica ad arabeschi, sul modello dell’estofado iberico o il simulacro di Sant’Antonio Abate e del santo vescovo, che si presentano cave nel retro, dimostrandone l’inamovibilità della loro antica collocazione, nonché la praticità di esecuzione e di conservazione, estrapolando dal tronco d’albero originario, il midollo e le parti legnose elastiche. Alla cultura devozionale delle reliquie e della religiosità popolare, connessa ad ambiti di predicazione francescana, sono collegati i numerosi busti reliquiari del XVII secolo, distribuiti in tre differenti serie, di diverso ambito d’appartenenza, mentre esemplificativa della cultura barocca valdianese, sono gli affreschi del transetto (Evangelisti) e della cappella Rossi (ciclo della Madonna dei Sette Dolori), attribuibili all’ornamentista Francesco De Martino e la pala di San Tommaso d’Aquino, costituita dalla tela del 1708, opera dell’artista Anselmo Palmieri e dalla cornice lignea barocca, assegnabile all’arte d’intaglio di Antonio Paradiso da Picerno. Le suppellettili liturgiche in argento, esposte nelle sagrestie, rimandano alla felice stagione culturale napoletana degli argentieri, che diffuse in tutto il Regno di Napoli e delle Due Sicilie, manufatti sbalzati e cesellati di grande qualità e di raffinata esecuzione. In collezione figurano alcune cartegloria, croci astili, calici e vasi sacri, oltre ad un turibolo e a un corredo per abluzioni riferito ai primi vescovi della diocesi di Diano. Ben rappresentata è anche la tipologia delle vesti liturgiche di sacerdoti, vescovi e diaconi, attraverso l’esposizione di paramenti serici con decori floreali e galloni geometrici, tra i quali un piviale, alcune dalmatiche e due pianete, oltre alla stola ed ai manipoli.